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Fino all’ultimo respiro

Claudio Terzago


Inspiro….e so che sto inspirando.

Espiro… e so che sto espirando.


Ogni volta che pratichiamo la meditazione stiamo con la mente lì… sul nostro respiro.

Finché viviamo, respiriamo. Anche se in realtà non è il primo processo neurologico autonomo che si instaura in noi. La natura infatti è meravigliosa. All’incirca all’ottava, nona settimana di vita fetale incominciamo a “deglutire” liquido amniotico. Quel microscopico “fagiolino” che tutti noi siamo stati, impara a puntare i piedini, si inarca e deglutisce. Questo perché alla nascita deve già sapere come nutrirsi! Quindi, una volta venuti al mondo e dopo aver urlato a squarciagola con il nostro primo respiro, eravamo dotati dei due riflessi indispensabili alla sopravvivenza: deglutire e respirare.


Ma come respiriamo?

Il primo consiglio importantissimo che possiamo dare è: respiriamo sempre dal naso! “Scontato” direte voi, ma non così vero! L’olfatto è il senso più antico che abbiamo, la mucosa nasale serve a purificare l’aria (grazie alle ciglia di cui è dotata), la riscalda e umidifica.


Esiste un vero e proprio ciclo nasale durante la giornata descritto per la prima volta da un medico tedesco R. Kayser. Questo otorinolaringoiatra notò che la mucosa interna del naso è costituita da tessuto “erettile” proprio come quella del pene, del clitoride e dei capezzoli. Durante l’arco della giornata, per periodi che vanno dai 30 minuti alle 4 ore, le narici lavorano in modo alternato. Quindi la mucosa si gonfia e si congestiona dandoci la sensazione di naso “tappato”. Inoltre la narice di destra attiva, con la sua funzione, il sistema nervoso simpatico agendo quindi direttamente sull’emisfero sinistro, stimolando la reazione “allerta-fuga”. Mentre quella di sinistra esattamente all’opposto stimola il parasimpatico con funzione di “rallentamento”. Questa funzione viene sfruttata nella tecnica yogica del “Nadi shodhana” con respirazione a narici alternate.


Mediamente solleviamo il diaframma per respirare circa 50.000 volte al giorno.

Quando facciamo dei respiri lunghi e profondi andiamo a stimolare le strutture nervose poste alla base dei polmoni che agiscono sul parasimpatico e quindi riducono l’ansia, il battito cardiaco. Tutto il sistema rallenta. Viceversa una respirazione breve e frettolosa, tipica di quando siamo agitati, stimola il sistema simpatico andando a peggiorare questi sintomi. Per questo che si consigliano respiri lunghi e profondi per contrastare attacchi di ansia e simili.


C’è chi ha sfruttato questa capacità respiratoria per auto correggere alcune disfunzioni. Per esempio Katharina Schroth in Germania, all’inizio del novecento, è riuscita ad auto guarirsi dalla scoliosi applicando una “respirazione ortopedica” da lei inventata, che è stata poi insegnata nel tempo a pazienti con questa patologia.


Attorno al decimo secolo d.c. un indiano di nome Naropa dopo aver frequentato una università buddista di Nalanda si trasferì sull’Himalaya e, sfruttando una tecnica respiratoria particolare chiamata Tummo (in tibetano fuoco interiore) riuscì ad elevare la temperatura interna del suo corpo per resistere ai climi rigidi dell’ambiente. Tecnica questa che viene attuata ancora oggi dai monaci che vivono a quelle altitudini.

Nel corso del tempo molti “pionieri” della respirazione hanno applicato tecniche e ginnastica respiratoria adeguata al mondo dello sport ottenendo risultati strabilianti, addirittura riducendo la frequenza respiratoria per aumentare la percentuale di anidride carbonica e migliorare, a discapito di quello che si pensa, la quantità di ossigeno che arriva ai tessuti.


Sappiamo poi che l’olfatto è il senso più antico che possediamo, quando vogliamo valutare un profumo, inaliamo profondamente per stimolare le strutture nervose presenti nella parte alta dell’interno del naso, strutture che sono direttamente collegate con il cervello grazie ad una sottile lamina papiracea dell’osso.


Per terminare darei dei consigli pratici: respira con il naso, lava quotidianamente le cavità nasali con la tecnica di jala neti con la lota neti, quando parli inspira e parla espirando, mangia in silenzio (come dicevano i nostri nonni) per non incamerare aria dalla bocca, insieme al cibo. Ne beneficerà molto anche l’eventuale reflusso gastro esofageo.

Buon respiro a tutti.

 

Informazioni tratte dal libro

L’arte di respirare. La nuova scienza per rieducare un gesto naturale

di J.Nestor - Ed. Boca

 

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